Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali: l’uso degli antibiotici in Italia
L'AIFA pubblica il Rapporto nazionale 2020
Antibiotico Resistenza · 27 aprile, 2022
Giovanna Paggi
Comitato di redazione IOZ
Il 10 marzo scorso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha presentato il Rapporto nazionale “L’uso degli antibiotici in Italia – Anno 2020”.
La pubblicazione, dedicata agli antibiotici per uso umano, affronta diverse tematiche come l’andamento dei consumi e della spesa in Italia e allo stesso tempo le aree di potenziale inappropriatezza d’uso, l’utilizzo degli antibiotici in regime di assistenza convenzionata, con particolare focus sui consumi nella popolazione pediatrica, sulla prescrizione degli antibiotici negli anziani e sulle prescrizioni di fluorochinoloni in gruppi specifici di popolazione. Effettua valutazioni sull’uso degli antibiotici in ospedale e sugli indicatori di appropriatezza prescrittiva nell’ambito della Medicina Generale. Inoltre presenta un’analisi dell’impatto della pandemia da SARS-CoV-2 sul consumo di antibiotici nell’ambito dell’assistenza farmaceutica convenzionata, si ipotizza infatti che l’emergenza legata alla pandemia abbia determinato un incremento del ricorso inappropriato agli antibiotici, soprattutto in ambito ospedaliero, con un possibile impatto negativo sulla diffusione di batteri resistenti agli antibiotici. Infine il rapporto riporta dati di confronto dei consumi italiani rispetto agli altri Paesi europei e un’analisi delle esperienze di implementazione di programmi per la corretta gestione degli antibiotici in ospedale.
L’antibiotico
Nel 2020 il consumo territoriale di antibiotici in Italia si è mantenuto superiore alla media europea, in ambito ospedaliero risulta invece di poco superiore alla media europea (con differenze più accentuate per chinoloni, sulfonamidi e trimetoprim e macrolidi e lincosamidi).
Facendo un rapido excursus sui dati di consumo presentati si rileva che circa il 90% del consumo di antibiotici a carico del SSN (12,1 DDD/1000 ab die) avviene a seguito della prescrizione del Medico di Medicina Generale o del Pediatra di Libera Scelta e vi è un’ampia variabilità̀ regionale con un minore consumo nelle regioni del Nord (9,3 DDD) rispetto a quelle del Centro (12,6 DDD) e del Sud (15,7 DDD ). Nel corso dell’anno2020 circa 3 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici con una prevalenza d’uso che aumenta all’avanzare dell’età.
Nel 2020 le prescrizioni di antibiotici hanno riguardato per oltre il 50% farmaci appartenenti alla categoria Watch e Reserve (Figura 1), ovvero molecole identificate dall’OMS come quelle a rischio di indurre maggiormente resistenze.
Figura 1 - Variabilità regionale del consumo (DDD/1000 ab die) degli antibiotici sistemici (J01) per classificazione AWaRe dell’OMS nel 2020 (convenzionata e acquisti strutture sanitarie pubbliche)
Questa classificazione delle molecole viene effettuata dall’OMS e prevede di raggruppare gli antibiotici in tre categorie, Access, Watch e Reserve, allo scopo di guidarne la prescrizione riducendo il rischio di reazioni avverse e di sviluppo di resistenze batteriche (The 2021 WHO AWaRe classification of antibiotics for evaluation and monitoring of use). Gli antibiotici del gruppo Access (penicilline ad ampio spettro e derivati nitrofuranici, come la nitrofurantoina) dovrebbero essere utilizzati come trattamento di prima o seconda scelta per le infezioni più frequenti. Il gruppo Watch comprende, invece, antibiotici (es. cefalosporine di terza generazione, macrolidi e fluorochinoloni) con un maggiore rischio di indurre resistenze e di conseguenza raccomandati generalmente come trattamenti di prima o seconda scelta, solo in un numero limitato di casi e per specifiche sindromi infettive. Il terzo gruppo Reserve comprende antibiotici (es. cefalosporine di quarta generazione e carbapenemi) di ultima istanza e utilizzati solo nei casi più gravi, quando tutte le altre alternative non hanno avuto successo, come per esempio per le infezioni multi-resistenti.
In ambito geriatrico, la percentuale di consumi degli antibiotici appartenenti alla categoria Access, supera di poco il 40%, molto distante dal target individuato dall’OMS . Nel 2020 si sono osservati dei picchi di utilizzo dei farmaci appartenenti alla categoria Watch, da mettere in relazione alla maggior incidenza dei macrolidi, in particolare dell’azitromicina - a seguito del suo presunto utilizzo eccessivo e improprio per il trattamento del Covid-19- sul consumo totale territoriale e alla minore incidenza delle penicilline appartenenti alla categoria Access, nelle prime due ondate della pandemia.
L’uso ospedaliero degli antibiotici merita un attento monitoraggio vista la sua importanza in relazione alla diffusione di germi multi-resistenti che possono causare infezioni correlate all’assistenza sanitaria di difficile gestione clinica. Le tre categorie di antibiotici più utilizzate nel 2020 a livello ospedaliero sono, in ordine decrescente, gli “altri antibatterici beta-lattamici”, gli “antibatterici beta-lattamici, penicilline” e la classe dei “macrolidi, linconsamidi e streptogramine” . L’uso dei fluorochinoloni in ambito ospedaliero si è notevolmente ridotto, come evidenziato anche a livello territoriale, sebbene si registri ancora una marcata variabilità regionale. Nonostante nel 2020 si sia verificato un arresto della decrescita dei consumi ospedalieri per questa categoria di antibiotici, l’obiettivo stabilito dal PNCAR (riduzione maggiore del 10% del consumo di fluorochinoloni nel 2020 rispetto a 2016) è stato raggiunto.
L’utilizzo dell’indicatore Drug Resistance Index (DRI), che combina in un’unica misura il consumo di antibiotici e la resistenza ai farmaci, rappresenta un utile indicatore di sintesi per quantificare il problema dell'antibiotico-resistenza in uno specifico contesto assistenziale. Il DRI è stato calcolato per Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae, per Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter species, Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis ed Enterococcus faecium. Il valore del DRI per Acinetobacter species risulta particolarmente elevato nella maggior parte delle regioni italiane, mentre il DRI per Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae presenta un livello medio più alto nelle regioni del Sud rispetto alle altre aree geografiche; infine, per Pseudomonas aeruginosa si riscontra la più ampia variabilità regionale dei valori dell’indicatore.
Un’analisi specifica relativa all’appropriatezza delle prescrizioni ambultariali effettuate dai medici di medicina generale. Tale analisi è stata effettuata in collaborazione con Health Search unità di ricerca della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG). Uno dei principali obiettivi di Health Search è tracciare i percorsi assistenziali dei Medici di Medicina Generale (MMG) italiani attraverso la raccolta sistematica di tutte le informazioni cliniche relative ai loro pazienti. Per questo Rapporto sono stati selezionati 800 MMG attivi al 2020. I dati presentati si riferiscono, pertanto, a una popolazione complessiva di 1.147.326 pazienti di età maggiore di 14 anni che sono risultati vivi e registrati nelle liste dei MMG al 31 dicembre 2020. Dall’analisi dei dati della Medicina Generale sulle prescrizioni ambulatoriali di antibiotici per specifiche patologie infettive è emerso che l’uso inappropriato si collocava tra il 25-30% per quasi tutte le condizioni cliniche studiate: influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite e in particolare cistite non complicata. Per tutte queste patologie sono stati rilevati indicatori specifici di inappropriatezza.
Nel 2020 il 26,2% (nel 2019 era il 40,9%) della popolazione italiana fino ai 13 anni di età ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, con una media di 2 confezioni per ogni bambino trattato; dati in marcata diminuzione rispetto al 2019. Nel 2020 quasi il 45% della popolazione ultrasessantacinquenne ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici con il Sud che registra i valori di esposizione maggiori (56,5%), seguito dal Centro (46,8%) e dal Nord (33,4%). L’approfondimento sulla classe dei fluorochinoloni è stato fatto sulle donne con età compresa tra i 20 e 59 anni e gli anziani con età ≥75 anni, categorie scelte in base alla frequenza di uso inappropriato di fluorochinoloni e al profilo di rischio associato . La prevalenza di prescrizione e i consumi nei due gruppi di popolazione mostrano livelli elevati, sebbene in forte riduzione
Il Rapporto valuta inoltre l’impatto della pandemia da SARS-CoV-2 sull’uso complessivo degli antibiotici. Sono stati confrontati i consumi registrati nei primi semestri del 2019, del 2020 e del 2021. La mancanza di specifiche terapie per il trattamento dei pazienti affetti da Covid-19 ha indotto, soprattutto nella prima fase della pandemia, un frequente utilizzo di antibiotici nei pazienti più gravi, considerati a maggior rischio di sviluppare infezioni batteriche secondarie, potenzialmente fatali. La riduzione dell’uso di antibiotici in ambito territoriale osservata nel 2020 e nel primo semestre 2021 può in buona parte essere riconducibile alle misure di contenimento, quali lockdown, distanziamento fisico e uso di dispositivi di protezione individuale, adottate nel corso del 2020 per contrastare la pandemia da SARS- CoV-2; tali misure hanno infatti ridotto la circolazione di SARS-CoV-2 ma anche di molti altri agenti infettivi. L’azitromicina è l’unico principio attivo, insieme alla fosfomicina, per il quale i consumi complessivi del 2020 (1,3 DDD/1000 abitanti die) non sono diminuiti rispetto al 2019.
Il confronto di consumo tra dati italiani ed europei è stato effettuato mediante l’utilizzo dell’European Surveillance of Antimicrobial Consumption Network-ESAC-Net. Ogni anno l’ESAC-Net raccoglie in un database centrale europeo denominato TESSy gestito dall'ECDC, i dati di consumo di antimicrobici per uso sistemico (ATC J01) a livello territoriale e ospedaliero trasmessi dai Paesi dell’Unione Europea (UE) e dello Spazio Economico Europeo (SEE). I dati che provengono dai sistemi di sorveglianza nazionali sono espressi come numero di DDD per 1.000 abitanti die, utilizzando come riferimento la popolazione Eurostat, sia per quanto riguarda l’ambito territoriale che quello ospedaliero.
A livello territoriale l’Italia si pone, al di sopra della media UE/SEE, al nono posto, con un consumo pari a 16,5 DDD per 1000 abitanti die. In termini di consumi tra le diverse classi di antibiotici (ATC III livello) l’Italia registra valori superiori alla media europea principalmente per gli antibatterici beta-lattamici, penicilline (7,4 DDD Italia vs 6,1 DDD media UE/SEE) e per macrolidi e lincosamidi (3,6 DDD Italia vs 2,4 DDD media UE/SEE); differenze inferiori si osservano per i chinoloni (1,7 DDD Italia vs 1,2 DDD media UE/SEE) e per le associazioni tra sulfonamidi e trimetoprim (0,83 DDD Italia vs 0,52 DDD media UE/SEE . Nel settore ospedaliero L’Italia si colloca al sesto posto con un consumo pari a 1,91 DDD per 1000 abitanti die che è del 22% al di sopra della media UE/SEE e in leggero aumento (+1,3%) rispetto all’anno precedente.
A conclusione del Rapporto, sono riportate alcune esperienze di implementazione di programmi per la corretta gestione degli antibiotici in ospedale; in particolar modo si focalizza l’attenzione sull’Osservatorio Buone Pratiche promosso da Agenas che monitora la raccolta di interventi di successo realizzati nell’ambito della gestione del rischio clinico e sicurezza dei pazienti delle strutture sanitarie del territorio. La Call for good practice 2019 si è posta l’obiettivo di promuovere la segnalazione di pratiche riguardanti la prevenzione dell’antibiotico-resistenza e delle infezioni correlate all’assistenza. Fra le molteplici buone pratiche segnalate sette sono state considerate rilevanti, queste possono essere consultate sul sito http://buonepratiche.agenas.it/practices.aspx.
L’obiettivo che Agenas si pone nella diffusione di buone pratiche per la corretta gestione degli antibiotici è finalizzato a ottenere benefici sia per i pazienti sia per l’organizzazione. Gli obiettivi primari sono il miglioramento del livello di appropriatezza prescrittiva e degli outcome clinici, l’incremento della consapevolezza da parte di tutti gli operatori sanitari sul corretto utilizzo degli antibiotici e sulla riduzione delle infezioni correlate all’assistenza e il contenimento dei costi che gravano sulle amministrazioni a fronte delle complicanze cliniche presentate dagli assistiti.