Antibiotico-resistenza in Italia e in Europa: pubblicati i rapporti di sorveglianza 2021 dell’ISS e dell’ECDC
Antibiotico Resistenza · 17 gennaio, 2022
Alice Matone
Collaboratore ARS Toscana
L’antibiotico-resistenza (AMR) continua a essere uno dei temi di salute pubblica più rilevanti a livello globale. Solo nel nostro continente, le stime basate sui dati della European Antimicrobial Resistance Surveillance Network (EARS-Net) mostrano che ogni anno nell'Unione Europea (UE) e nello Spazio Economico Europeo (SEE) si verificano più di 670.000 infezioni dovute a batteri resistenti agli antimicrobici, e che circa 33.000 persone muoiono come conseguenza diretta di queste infezioni. Il costo per i sistemi sanitari di questi paesi è stimato essere attorno a 1.1 miliardi di euro.
I sistemi di sorveglianza nazionali ed europei, sviluppati e portati avanti dalle autorità sanitarie, sono di fondamentale importanza per il monitoraggio della diffusione dell’AMR e la messa a punto di linee guida e piani di azione. Sono stati pubblicati a novembre i rapporti di sorveglianza dell’antibiotico-resistenza (antimicrobial resistance - AMR) relativi ai dati del 2020 sia a livello europeo, da parte dell’ECDC (Euroepan Center for Disease Prevention and Control), che a livello nazionale, da parte dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità). Nel complesso, le percentuali di resistenza agli antibiotici per le specie batteriche e i farmaci sotto sorveglianza continuano a essere elevate, evidenziando ancora una volta la necessità di interventi per migliorare il controllo della prevenzione delle infezioni e le pratiche di stewardship antimicrobica.
In Italia - il rapporto dell'ISS
Il rapporto di sorveglianza nazionale dell’AMR, pubblicato dall’Istituto superiore Sanità il 18 novembre scorso, illustra i dati del 2020 sui batteri sotto sorveglianza e la loro resistenza a specifici gruppi di antibiotici, oltre che l’andamento degli ultimi sei anni. Sono otto le specie batteriche che vengono monitorate: quattro batteri Gram-positivi (Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis e Enterococcus faecium) e quattro Gram-negativi (Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter species). Questi dati per la regione Toscana sono disponibii da giugno 2020 nella sezione Atlante di questo sito.
Tra i batteri Gram-positivi i livelli di resistenza agli antibiotici più elevati sono stati riscontrati in E. faecium resistente all’ampicillina (il 90,2% degli isolati), ai glicopeptidi (vancomicina 23,6% e teicoplanina 22,8%) e agli aminoglicosidi (streptomicina 65,0% e gentamicina 56,2%), a cui è resistente anche E. faecalis (streptomicina 34,4% e gentamicina 37,3%). Alti tassi di resistenza si ritrovano anche in S. aureus resistente a eritromicina (38,9%), clindamicina (34,4%), meticillina (33,5%) e levofloxacina (31,5%) e in S. pneumoniae resistente a eritromicina (24,5%), clindamicina (18,7%), tetraciclina (16,8%) e penicillina (13,6%).
Per quanto riguarda i Gram-negativi le percentuali di ceppi resistenti più alte sono in Acinetobacter spp., che mostra valori sopra all’80% verso le principali classi di antibiotici. Segue E.coli resistente all’ampicillina (64,5%) e amoxicillina-acido clavulanico (42,9%), alle cefalosporine di terza generazione (>20%) e ai fluorochinoloni (>30%). Sono poi elevati i tassi di K. pneumoniae resistente ad amoxicillina-acido clavulanico (57,2%) e piperacillina-tazobactam (45,8%), alle cefalosporine di terza generazione (>50%) e ai carbapenemi (28,7% per meropenem) e P. aeruginosa resistente a piperacillina - tazobactam (24,2%), alle cefalosporine di terza generazione (18,3-19,3%), ai carbapenemi (tra 10,1% e 19,8%), alla levofloxacina (29,4%) e alla ciprofloxacina (18,0%).
Per quanto riguarda gli andamenti nel tempo, nel 2020 la resistenza alle principali classi di antibiotici nei patogeni monitorati in Italia è rimasta generalmente elevata, in particolare è aumentata la percentuale di ceppi resistenti ai carbapenemi per Acinetobacter spp., K.pneumoniae e P. aeruginosa, mentre in E. coli la resistenza a questa classe di antibiotici rimane bassa (0.5%). Sono aumentate anche le percentuali di S. pneumoniae resistenti all’eritromicina e alla penicillina, e l’E. faecium resistente alla vancomicina.
In alcuni casi si sono osservati dei cali, per esempio la resistenza di E. coli alle cefalosporine di terza generazione è passata dal 30.8% del 2019 al 26.4% nel 2020, e quella agli aminoglicosidi e ai fluorochinoloni ha seguito un trend in diminuzione negli ultimi 6 anni (dal 18,4% nel 2015 al 15,2% nel 2020, e dal 44,4% nel 2015 a 37,6% nel 2020, rispettivamente). È rimasta invece stabile la percentuale di ceppi di S. aureus resistente alla meticillina.
In molti casi è stata rilevata la presenza di ceppi multi-resistenti, ovvero in grado di sopravvivere a più classi di antibiotici: nel 2020 si è osservata una percentuale di multi-resistenza di Acinetobacter spp. a fluorochinoloni, aminoglicosidi e carbapenemi particolarmente alta (78,8%) e in continua crescita. Rimangono alte, anche se in diminuzione rispetto all’anno precedente, le percentuali di isolati di K. pneumoniae (33,1%) e di E. coli (10,0%) resistenti alle cefalosporine di III generazione, aminoglicosidi e fluorochinoloni, così come il tasso di P. aeruginosa (12.5%) resistente a tre o più antibiotici tra piperacillina-tazobactam, ceftazidime, carbapenemi, aminoglicosidi e fluorochinoloni.
In Europa - il rapporto 2021 dell'ECDC
Per quanto riguarda il panorama europeo, i risultati presentati nel rapporto dell’ECDC si basano sui dati raccolti dalla Central Asian and European Surveillance of Antimicrobial Resistance (CAESAR) su dodici paesi più il Kosovo, e dalla EARS-Net su 29 paesi, ovvero tutti quelli dell'UE e due dello SEE (Islanda e Norvegia). La situazione della resistenza antimicrobica varia ampiamente a seconda della specie batterica e della regione geografica, e risulta difficile valutare in modo preciso l’entità del fenomeno, anche a causa delle diverse modalità di raccolta dei dati. Nonostante ciò, i risultati mostrano chiaramente che la resistenza agli antibiotici è molto diffusa nella regione europea dell'OMS e che sono presenti pattern di resistenza specifici in tutti gli ambienti clinici coperti dalle reti di sorveglianza. In generale, risulta evidente in Europa un gradiente di resistenza agli antibiotici che si sviluppa da Nord a Sud e da Ovest a Est, ovvero, le percentuali di resistenza più basse sono state riportate dai paesi del Nord Europa e le più alte dai paesi del Sud e dell’Est.
Sono particolarmente preoccupanti gli alti livelli di K. Penumoniae resistente alle cefalosporine di terza generazione e ai carbapenemi in diversi paesi, il ché indica una diffusione di cloni resistenti negli ambienti sanitari e rileva gravi limiti nelle opzioni di trattamento per i pazienti con infezioni causate da questi agenti patogeni.
Il numero complessivo di isolati batterici resistenti agli antibiotici segnalati a livello UE/SEE è aumentato nel 2020 rispetto al 2019 per tutte le specie a eccezione di S. pneumoniae. Per quanto riguarda invece l’andamento tra il 2016 e il 2020 si è registrato un aumento significativo di resistenza ai carbapenemi in E. coli e K. pneumoniae e alla vancomicina in E. faecium, mentre tutte le altre combinazioni di specie batteriche-antimicrobici hanno mostrato una tendenza decrescente oppure sono rimaste pressoché stabili.
La resistenza alle cefalosporine e ai carbapenemi di terza generazione era generalmente più elevata in K. pneumoniae rispetto a E. coli. Nel 2020, più della metà degli isolati di E. coli e più di un terzo degli isolati di K. pneumoniae segnalati a EARS-Net erano resistenti ad almeno un gruppo di antibiotici, e frequentemente a più di uno. Il 30% dei paesi della regione europea OMS ha riportato percentuali di resistenza del 25% o superiori in K. Pneumoniae. La resistenza ai carbapenemi era comune anche in P. aeruginosa e Acinetobacter spp. e a una percentuale maggiore rispetto a K. pneumoniae.
Preoccupa particolarmente l'aumento, nella popolazione UE/SEE, di isolati di E. faecium resistenti alla vancomicina, che è aumentata dall'11,6% nel 2016 al 16,8% nel 2020. È stata invece segnalata una diminuzione della percentuale di isolati resistenti alla meticillina, nel periodo 2016-2020, in S. aureus, che continua comunque a essere un importante patogeno nell'UE/SEE, con livelli di resistenza, anche multipla, che rimangono elevati in diversi paesi. È stata osservata una tendenza decrescente nel periodo 2016-2020 anche nella resistenza ai macrolidi in S. pneumoniae. Mentre il gradiente da ovest a est nelle percentuali di resistenza antimicrobica evidente per i batteri gram-negativi (E. coli, K. pneumoniae, Acinetobacter spp.), è meno evidente per i gram-positivi (S. aureus, S. pneumoniae, E. faecium).
I dati del rapporto 2020 devono tenere conto - specifica il rapporto ECDC - di come la pandemia di COVID-19 potrebbe avere distorto sia il rilevamento che le analisi dei dati del 2020. Potrebbero avere influito, per esempio, i cambiamenti nei modelli di ricovero ospedaliero, nella prescrizione di antibiotici, nelle capacità di segnalazione dei laboratori o negli interventi di sanità pubblica.
Le indagini dell’ECDC mostrano che le percentuali di AMR riscontrate negli ambienti sanitari aumentano in relazione alla quantità di pazienti trattati con antibiotici, mentre sono inversamente correlate con la quantità di antibiotici a disposizione, con le attività di stewardship e la disponibilità di risorse per il controllo della prevenzione delle infezioni.
Sebbene alcuni studi riportino un calo, negli ultimi anni, dell’utilizzo di antibiotici nella popolazione europea in generale, l’effetto di questa diminuzione sull’AMR deve ancora mostrarsi. Oltre all’utilizzo dei farmaci antibiotici, le maggiori cause della diffusione dell’AMR sono la trasmissione di microrganismi resistenti agli antimicrobici tra gli esseri umani, tra gli animali e gli esseri umani, e tra gli animali e l'ambiente.
L'AMR richiede sforzi concertati a livello nazionale e una stretta cooperazione internazionale. Nel 2017 la Commissione europea ha adottato un piano d'azione europeo One Health contro la resistenza antimicrobica per aiutare l'UE e i suoi Stati membri a fornire risposte innovative, efficaci e sostenibili alla resistenza antimicrobica. Sebbene 25 su 29 paesi dell’UE/SEE hanno riferito (nel 2020) di avere sviluppato, o essere in procinto di sviluppare, un piano di azione nazionale, pochi hanno dichiarato degli obiettivi specifici o delle fonti di finanziamento per l’implementazione di questi piani.
Nel rapporto dell’ECDC si afferma che le azioni di contrasto all’AMR rimangono insufficienti e che il problema continuerà ad aumentare, a meno che non ci sia una risposta decisa dei governi con maggiori investimenti in interventi di sanità pubblica, che si rifletterebbero sia sulla salute della popolazione che sulla futura spesa sanitaria nell'UE/SEE. L’OCSE ha stimato che un insieme di interventi che includa programmi di gestione degli antibiotici, una maggiore igiene, campagne di comunicazione e l'uso di test diagnostici rapidi potrebbe prevenire circa 27.000 decessi all’anno e, oltre a ripagarsi da solo, permetterebbe di risparmiare circa 1.4 miliardi di euro all'anno.