Le microplastiche nell’ambiente e la diffusione dell’antibiotico-resistenza
Una minaccia emergente
Antibiotico Resistenza · 23 febbraio, 2022
Beatrice Casini
Università di Pisa
Tommaso Cosci
Università di Pisa
Giulia Cocchiararo
Università di Pisa
L'inquinamento da microplastiche (MP) è uno dei principali problemi ambientali dell’ultimo decennio, rappresentando una minaccia emergente e crescente per l’uomo [1-2]. Nel 2014, il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) ha identificato l'inquinamento plastico marino come uno dei dieci principali problemi ambientali e nel 2015, in occasione del 41ºesimo vertice del G7, è stato riconosciuto lo smaltimento dei rifiuti plastici come una sfida globale [3]. La grande produzione e lo smaltimento improprio della plastica sono alla base della produzione di MP [4]. Nel 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evidenziato un’allarmante presenza di MP nelle acque destinate all’alimentazione umana, incluse quelle imbottigliate, sottolineando la necessità di implementare le conoscenze scientifiche sugli effetti sanitari correlati alla loro presenza [5].
Le MP persistono nell'ambiente in grandi quantità, soprattutto negli ecosistemi marini e acquatici, e si stima che negli oceani oltre il 68% delle MP derivi dalla frammentazione di rifiuti non smaltiti o smaltiti in maniera scorretta e rilasciati nell’ambiente. Mentre le MP costituite da plastica non degradabile sono le più studiate, non è da sottovalutare il ruolo di quelle in plastica degradabile, la cui presenza è in aumento nell’ambiente, a causa della loro non completa biodegradabilità e del loro crescente utilizzo [6-7].
In che modo il rilascio di MP nell’ambiente contribuisce alla diffusione dell’antibiotico-resistenza?
Il continuo rilascio di MP degradabili nell’ambiente contribuisce all’inquinamento permanente degli ecosistemi e al loro accumulo lungo la catena alimentare, con effetti negativi sulla salute umana sia diretti che indiretti. L’uomo esposto per via alimentare alle MP può, infatti, subirne un’azione fisica, collegata alla dimensione dei frammenti di plastica, chimica per l’eventuale rilascio di monomeri, additivi e agenti chimici, anche a causa del deterioramento dei frammenti plastici e infine un’azione biologica, a causa della colonizzazione delle MP da parte di microrganismi patogeni [5, 8].
Il problema
Il Mar Mediterraneo risulta particolarmente inquinato da MP, essendo un bacino chiuso, circondato da una costa pesantemente popolata e industrializzata, nel quale si immettono numerosi affluenti che costituiscono la principale fonte di MP [9-10].
Negli oceani le aree costiere si presentano con un basso potenziale di accumulo. Le MP infatti sono spinte a largo dalle correnti oceaniche, lontano dalle fonti di inquinamento, verso le regioni polari dove restano intrappolate in vortici acquatici, con la creazione di zone di accumulo, denominate isole di plastica. È stato coniato il termine plastisfera per riferirsi agli ecosistemi marini che si sono evoluti per vivere in ambienti plastici creati dall’uomo [2, 11-12].
Le MP sono definite come particelle di origine antropica di dimensioni comprese tra 100 nm-1 mm (piccole dimensioni) e tra 1-5 mm (medie dimensioni). Si dividono inoltre in MP primarie, quelle prodotte dall’industria a vario scopo (farmaceutico, cosmetico, etc), o secondarie, derivanti dalla disgregazione o abrasione di materiali o rifiuti rilasciati nell’ambiente (lavaggio di capi sintetici, usura degli pneumatici, etc.) [13]. Le MP primarie sono aggiunte intenzionalmente in vari prodotti per modificarne la consistenza, la stabilità o per conferire particolari funzioni, come la capacità abrasiva; a tali scopi vengono aggiunte, per esempio, nei fertilizzanti e nei fitosanitari, nei detergenti industriali e per la casa, nelle vernici e nei prodotti utilizzati nell’industria petrolifera e dei gas.
I composti che più comunemente vanno a costituire le MP sono il polietilene, il polipropilene, il polistirene, il polietilene tereftalato (PET) ed il polivinilcloruro (PVC). Questi materiali, per le loro proprietà chimico-fisiche facilitano il legame e il trasporto di contaminanti chimici (ad esempio, antibiotici e metalli pesanti) e di agenti microbici (come alghe e batteri), aumentando il loro impatto ambientale e quello sulla salute umana [14-16].
Jin et al. nel 2018 hanno rilevato infiammazione e disbiosi del microbiota intestinale nello Zebra Fish adulto dopo ingestione di MP di polietilene; Kesy et al. nel 2017 hanno evidenziato sulle MP lo stesso microbioma intestinale dopo il passaggio attraverso l'intestino di Mytilus edulis [17-18].
Lo studio condotto da un team di ricercatori cinesi (Nanjing Tech University e Università di Zhejiang) e statunitensi (Rice University e Università di Houston) ha analizzato i contenitori in polistirolo per cibi da asporto, la loro capacità di formare MP e di contribuire alla crescente resistenza agli antibiotici. Questo materiale, infatti, una volta trasformato in MP, può fornire un substrato ideale per accogliere, non solo microrganismi e contaminanti chimici, ma anche materiali genetici fluttuanti, contenenti geni di resistenza agli antibiotici (Antibiotic Resistance Genes, ARGs). Lo studio ha descritto come l’invecchiamento nell’ambiente di queste MP le renda particolarmente affini per il legame agli ARGs. Il processo di invecchiamento può essere causato dall’abrasione meccanica, dalle radiazioni solari e dalla biodegradazione, tutti fattori in grado di aumentare la superficie di scambio delle MP, la loro depolimerizzazione e quindi l’alterazione delle loro proprietà fisico-chimiche, favorendo l’adesione microbica e la formazione di biofilm.
Nel biofilm, gli ARGs possono propagarsi ai batteri patogeni per trasferimento genico orizzontale, attraverso coniugazione (trasportati da plasmide, iARGs), trasformazione (ARG extracellulari liberi, eARGs) o trasduzione (trasportati da fagi, pARGs) [19-21].
Sebbene nelle MP sia nota la presenza di ARGs a livello intracellulare ed extracellulare, meno conosciuta è la loro distribuzione all’interno del biofilm e quale meccanismo sia più efficace nel loro trasferimento [22-23].
Il rilascio di sostanze chimiche di depolimerizzazione è stato associato ad una alterazione della permeabilità di membrana dei microrganismi in grado di favorire il trasferimento degli eARGs [24-31].
Anche gli additivi o gli inquinanti accumulati sulle MP sono fattori in grado di influenzare la presenza di ARGs. Flach et al. hanno dimostrato che la presenza di rame e zinco sulla plastica, come quella trattata con vernice anti-vegetativa, può favorire il legame di AGRs per la resistenza ai macrolidi, lincosamidi e aminoglicosidi (streptogramina) [32]. Non solo gli inquinanti inorganici, come i metalli pesanti, ma anche quelli organici, come gli idrocarburi policiclici aromatici, hanno rilevato la capacità di esercitare una pressione selettiva sul trasferimento di ARGs tramite co-selezione o selezione crociata. Nello specifico, è noto che la presenza di geni di resistenza al solfato di rame, possono co-selezionare la resistenza ad antibiotici diversi, i cui geni si trovano contemporaneamente sullo stesso elemento genetico [33].
Tra le specie batteriche capaci di trasportare ARGs sono state isolate più frequentemente dalle MP quelle del genere Flavobacterium e Chryseobacterium. [34-35] È stata inoltre dimostrata una correlazione significativa tra la concentrazione di MP e quella del gene integron-integrasi di classe 1, noto come “mobile genetic elements” (MGE), per la sua capacità di favorire il trasferimento degli ARGs [36-37].
Le MP sono in grado di trasportare o favorire lo scambio di ARGs e altri inquinanti in diversi comparti ambientali anche a lunghe distanze [38-39].
Arias-Andres et al. hanno dimostrato che nella plastisfera la frequenza di trasferimento genico orizzontale degli ARGs tramite coniugazione è di tre ordini di grandezza superiore rispetto a quella rilevata nelle comunità planctoniche [11, 2]. Nel biofilm adeso alle MP, l’elevata densità e lo stretto contatto fisico tra le cellule facilita infatti il trasferimento degli ARGs, oltre a favorirne la resistenza agli agenti fisici esterni e quindi la persistenza ambientale [40].
In una delle plastisfere più grandi del globo, quella generata dal vortice subtropicale del Nord Pacifico, Yang et al. nel 2019, attraverso analisi metagenomiche del microbioma, hanno rilevato una maggiore abbondanza e diversità di ARGs nell’estratto derivante da questa matrice piuttosto che in quello ottenuto dall’acqua circostante [41].
Il ruolo della depurazione delle acque reflue...
In questo scenario, ancora poco indagato, è il ruolo esercitato dalla depurazione delle acque reflue. Un’importante frazione di MP raggiunge infatti le acque superficiali e quelle marine a seguito della depurazione delle acque reflue, trattamento in grado di rimuovere circa il 90% delle MP, in particolare dopo il trattamento terziario, lasciandone tuttavia una quota nell’effluente finale, la quale verrà immessa nei corpi idrici recettori. Una importante frazione rimane infine nei fanghi di depurazione, che possono essere utilizzati come ammendanti compostati nei terreni agricoli [42-43].
Circa il 67% della popolazione nei Paesi a basso e medio reddito non ha accesso alle reti fognarie e circa il 20% delle acque reflue domestiche raccolte nelle fognature non arriva a subire neppure un trattamento secondario (UNICEF/OMS, 2019). In questi Paesi, le MP possono essere presenti in concentrazioni maggiori nelle fonti di acqua dolce destinata ad uso potabile; tuttavia, i rischi per la salute, associati all'esposizione agli agenti patogeni presenti nell'acqua non trattata o trattata in modo inadeguato, sono considerati di gran lunga superiori [5].
Si stima che un impianto di trattamento di acque reflue di media grandezza, con una capacità di trattamento pari a 5x107 m3/anno, possa scaricare fino a 2x106 MP/giorno nei corpi idrici recettori.
Gli impianti di depurazione, raccogliendo reflui derivanti da una grande varietà di fonti, sono da considerarsi degli hot-spot per la diffusione di ARGs, in quanto siti di potenziale crescita batterica e scambio genetico [44-45]. La depurazione a fanghi attivi offre infatti un ambiente favorevole allo sviluppo della biomassa attiva (batteri saprofiti, protozoi, amebe, rotiferi e altri microrganismi), alla base dei sistemi di ossidazione biologica.
…e di quelle ospedaliere
La fonte più importante di ARGs è rappresentata in questi contesti dalle acque reflue ospedaliere, che vengono opportunamente trattate e immesse negli impianti di depurazione delle acque reflue domestiche prima di giungere nei corpi idrici recettori [46]. Altre fonti sono rappresentate dalle acque reflue e di dilavamento degli impianti zootecnici. Nel trattamento di questi reflui sanitari/veterinari, gli impianti di depurazione svolgono un ruolo fondamentale nel ridurre il carico ambientale di ARGs e antibiotici. Questi ultimi, tuttavia, possono essere metabolizzati solo in parte e/o essere rimossi con diversa efficacia dal trattamento di depurazione e contribuire quindi alla selezione di ceppi resistenti [47].
Quali sono i rischi?
È stato stimato che l’adsorbimento di microrganismi e ARGs sulla superficie delle MP può favorire la loro persistenza negli effluenti degli impianti di depurazione anche dopo la disinfezione finale, e, di conseguenza, il loro riscontro nei corsi d’acqua superficiali. La loro presenza nelle fonti di approvvigionamento e quindi nelle acque destinate al consumo umano può costituire un rischio sanitario rilevante. Infatti, recenti indagini hanno confermato la presenza delle MP in acque potabili; Albert Koelmans et al in una revisione della letteratura hanno riportato concentrazioni variabili da 1x10-2 a 108 particelle/m3 a seconda dei metodi di campionamento e analitico utilizzati [48].
Perplessità nascono infatti dall’assenza di metodi analitici standardizzati, che rendono disomogenei i risultati ottenuti nei diversi studi. La necessità di una standardizzazione del metodo emerge anche nello studio condotto da Pittroff M et al. [49]
In conclusione, la presenza di ARGs sulle MP diffuse nell’ambiente è un’emergenza che dovrà essere gestita nel prossimo futuro attraverso una corretta gestione dello smaltimento dei rifiuti plastici e un adeguato trattamento delle acque, in particolare delle acque reflue ospedaliere, dove maggiore è la presenza di ARGs e quindi la possibile diffusione dell’antibiotico resistenza.
Nell’ottica di questo obiettivo, è essenziale approfondire le conoscenze sul comportamento ambientale delle MP e il loro ruolo nella trasmissione degli ARGs attraverso lo studio del resistoma delle MP e quanto di questo viene condiviso con l'ambiente circostante, al fine di comprendere il potenziale rischio di esposizione per l’uomo.
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