Pandemie, riflessioni di un batteriologo
Come due specie si stanno adattando l'una all'altra
Infection Control · 4 settembre, 2020
AAVV
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Eccoci qua, su questo bel pianeta verdeblu dove da diversi mesi sta avvenendo un fenomeno non certo insolito: due specie diverse si stanno adattando l’una all’altra.
Una è l’ospite, l’altra il parassita.
Un parassita che più parassita non si può: il virus non è in grado di vivere (ammesso che la sua si possa definire vita) senza almeno una cellula che gli permetta, sia pure suo malgrado, di adoperare tutto il suo apparato sintetico. E così, prendendo possesso di prepotenza della cellula ospite, il virus inesperto si riproduce ma uccide la cellula, la mano che lo nutre. Talvolta, uccide l'intero organismo di cui la cellula fa parte. Che spreco! Ma siccome lo spreco è abbastanza inviso alla natura, ecco che i due attori principali di questa eterna battaglia si fanno via via più istruiti, affinano le loro interazioni fino, generalmente, ad arrivare alla reciproca convivenza. La convivenza di ospite e parassita è un tratto caratteristico del tempo trascorso insieme, durante il quale le asperità si sono smussate, i meccanismi di tolleranza si sono sviluppati, la virulenza si è attenuata, la capacità di resistenza è cresciuta. Ricorda insomma un matrimonio di vecchia data.
Questa convivenza, ai giorni attuali, sta già cominciando a realizzarsi, dato che con i nostri comportamenti di specie altamente complessa ci sostituiamo alla selezione naturale e applichiamo pressioni selettive in tempi molto ristretti. Del resto, sono quasi sempre proprio i nostri comportamenti che provocano un disequilibrio in cui si insinua l’opportunista di turno. In questa ultima pandemia è stata la globalizzazione, ma funziona così da quando abbiamo cominciato a usare la ruota, a invadere terre altrui, a spingerci a latitudini prima disabitate, ad adottare comportamenti sessuali prima fortemente repressi.
Le religioni sono state per molto tempo presidi igienici della specie umana, dettando norme rigide sulla sessualità, l’alimentazione, i contatti reciproci; quando i lumi della ragione cominciarono a esaminare criticamente tutti i precetti, le scienze si svilupparono e si adoperarono per fare chiarezza: la religione ha assunto un ruolo più elevato, anche se meno capillare nella popolazione umana, rispetto a quando, più che la sfera spirituale, governava ogni azione pratica.
Come è stata rapida l’invasione virale in questo pianeta solcato da rotte umane febbrili, sempre più rapide, sempre più intersecate! I bollettini sanitari da ogni parte del mondo, più di ogni altra cosa, più delle merci ormai noiosamente identiche in ogni angolo del globo, ci hanno dato la misura di quanto le distanze negli ultimi anni siano state annullate. E allora, ecco che invertiamo la rotta, per contrastare la malattia e la morte: cominciamo a chiudere scali e frontiere, cominciamo a nazionalizzare le risorse per il contrasto all’epidemia: non più libera circolazione dei prodotti, se necessari alla preservazione della salute del Paese, limitiamo gli spostamenti e i contatti, fino a chiuderci in casa a norma di legge. Paura, tanta paura; dolore, morte, abbandono della fascia più debole della popolazione, già in solitudine nei ricoveri per anziani, esaltazione del sacrificio dei sanitari, eroi della guerra per la sopravvivenza, fino alla tregua, che dovrebbe essere una tregua armata, fino alla ripresa delle attività, che dovrebbe essere consapevolmente guidata dall’esperienza traumatica appena patita.
Intanto, mentre la massaia si domanda come sia possibile che intere economie nazionali siano state così gravemente danneggiate, quando in ogni casa, purché la si abbia, vi sono risorse per far fronte alle avversità per un certo periodo, con avvedutezza e prudenza, mentre le passerelle sono logore per i tanti scienziati che hanno voluto dire la loro, roteando code splendenti di nozioni in contrasto l’una con l’altra, mentre nel mondo dell’informazione anche gli avvisi meteo vengono diramati in linguaggio scandalistico, intanto si fa mercato del virus e della paura, si strumentalizza a fini politici l’attività dei sanitari, si litiga, ci si insulta, alcuni negano che ci sia mai stato un virus, spesso gli stessi che lo volevano per forza di cose costruito in laboratorio. Alcuni poeti lo negano solo per poter andare avanti, poiché non possono semplicemente contemplare la visione di questo disastro della condizione umana prodotto dall'interazione ospite-parassita: un disastro culturale.
Intanto, oltre che il mondo sul quale vivo, che vedo per quel che mi è dato vedere, vedo più da vicino il mio Paese, probabilmente il più ricco su questa Terra, in termini di patrimonio storico e artistico, dimostrarsi ancora una volta paradossalmente privo del senso civico del bene comune, i prati fioriscono di mascherine, gli eroici sanitari che dopo averci rimesso la vita o aver lavorato come animali da soma hanno dovuto spesso fare a meno di andare in ferie vengono ringraziati con feste sulla spiaggia e movida. Vedo questo Paese, dove almeno i valori umanistici e umani hanno portato a preferire il danno economico ad un numero molto maggiore di vittime, rispetto ad altri Paesi nei quali il darwinismo è stato interpretato come una legge applicabile al consorzio umano e non come la stele di Rosetta per capire il mondo che ci circonda; noi, l’unica specie in grado di ribellarci alla selezione naturale e di creare un’arte chiamata medicina che si avvale di una miriade di scienze diverse per salvare i più deboli della specie, come possiamo essere così incoerenti?
E intanto, mentre i contagi risalgono, le scuole stanno per riaprire, le discoteche sono state di nuovo chiuse, i controlli a porti aeroporti e stazioni si fanno sempre più frequenti, intanto che tutto gira intorno al virus e i laboratori di Microbiologia e Virologia vengono invasi di nuovo dai tamponi, che arrivano nei secchi della spazzatura da tanti che sono, intanto i batteri, che non conosciamo abbastanza, crescono, si diffondono negli ospedali occupati a contenere il virus, acquistano nuove resistenze agli antibiotici spesso impiegati inutilmente nel COVID-19, infettano pazienti, uccidono pazienti, come è sempre stato prima, durante, e come sarà dopo che questo virus avrà imparato a convivere con noi, il nuovo ospite.
I batteri non sono quasi mai parassiti obbligati, vivono una vita libera e indipendente, ma sono anche nostri simbionti, una fattispecie di convivenza con reciproco vantaggio, qualora si rispettino i giusti habitat. Ricorda insomma un matrimonio d'amore, di vecchia data. Non sono nuovi, benché possano assumere nuove vesti e nuove caratteristiche, e allora mi chiedo perché non abbiamo già imparato a conoscerli meglio, e mi chiedo perché l’epidemia, anzi la pandemia di sepsi che persiste da sempre sul nostro pianeta, e sempre più miete vittime, col progredire della medicina e la complessità degli interventi sull’organismo umano, e la contemporanea pandemia costituita dalla resistenza agli antibiotici, perché queste pandemie non fanno notizia, perché non ci inducono ad indossare la mascherina della consapevolezza che con la sorveglianza, con le corrette norme igieniche e l’uso appropriato dei farmaci queste morti verrebbero in buona parte evitate? Non credo di sbagliare se affermo che si muore molto più di sepsi che di COVID-19, non credo di sbagliare se dico che lascerei alla moda il compito di dettare come ci dobbiamo vestire, che auto guidare e quale telefonino comprare ma le toglierei decisamente la velleità di imporci da cosa ci dobbiamo curare.
Ad oggi, benché una Delibera della mia Regione nel mio Paese su questo Pianeta dica che si deve attuare una attività H24 dei laboratori di Microbiologia per contrastare la SEPSI, questo non è stato fatto; si è invece attuata una attività H24 pressoché in ogni laboratorio, anche non di Microbiologia, in questa Regione, per diagnosticare la presenza del Virus.
Siamo assai modaioli.