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a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana
Infection Control

L’unità paziente e la strategia per la prevenzione del rischio infettivo

Il controllo della diffusione dei microrganismi

Infection Control · 21 luglio, 2020
Daniela Accorgi

Azienda USL Toscana Centro 

Giovanna Mannelli

Azienda USL Toscana Centro


Uno degli obiettivi della prevenzione del rischio infettivo in ospedale è il controllo della diffusione dei microrganismi.

Nel pianificare una strategia di intervento, oggetto di particolare attenzione deve diventare l’unità paziente e le attività che si svolgono al suo interno.

Per unità paziente si intende la combinazione di uno spazio che contiene mobili, materiali, dispositivi medici o elettromedicali che sono destinati e dedicati al paziente durante il ricovero.

All’interno dell’unità paziente vi è un’area ristretta, dove si svolgono la maggior parte delle prestazioni sanitarie, rappresenta lo spazio di incontro tra i professionisti e il paziente che identifichiamo come punto di assistenza e che a sua volta può diventare anche il punto di transito dei dispositivi medici che non sono ad uso esclusivo del paziente come ad esempio fonendoscopi, ecografi, ausili del fisioterapista ecc.

È importante andare a definire questi spazi perché rappresentano delle zone dove è più frequente il rischio di contaminazione e di contatto con le superfici contaminate e dove è quindi necessario pensare ad una strategia di prevenzione.

Negli ultimi venti anni l’unità paziente ha visto incrementare sia il numero dei dispositivi al suo interno che il numero di attività svolte da numerosi professionisti in relazione ad un modello di cura o di assistenza sempre più invasivo e interventistico.

L’aumento del numero del dispositivi ha determinato di fatto un ampliamento complessivo delle superfici inanimate intorno al paziente che, sommato all’accrescimento delle prestazioni assistenziali e del numero di professionisti che accedono al punto di assistenza ha determinato un incremento delle occasioni di contatto delle mani degli operatori con le superfici.

In uno spazio ridotto, come l’unità paziente, si concentrano le condizioni di contatto-contaminazione necessarie per favorire il trasferimento di microrganismi.

Molteplici fattori favoriscono questa condizione quali:

  1. Il microbiota del paziente;
  2. Il grado di autonomia e collaborazione della persona ricoverata;
  3. Le infezioni e la sintomatologia infettiva;
  4. Le mani degli operatori sanitari;
  5. Le modalità di sanificazione e di riordino dell’unità paziente
  6. Le istruzioni per il ricondizionamento o sanificazione dei dispostivi medici tra un paziente e l’altro  

Con il termine microbiota s’intendono tutti quei microrganismi che vivono in maniera simbiontica sulla cute, sulle mucose e nell’intestino e che vengono dispersi nell’ambiente circostante attraverso la desquamazione cutanea o l’eliminazione di fluidi corporei (es. pazienti con incontinenza fecale o urinaria o con dispositivi invasivi). La nostra cute è coperta da milioni di microrganismi. In media in un centimetro quadrato se ne possono trovare circa tre milioni. I microrganismi aerobi possono avere una densità di circa 100 unità per centimetro quadrato di pelle asciutta fino ad arrivare a 10.000.000 unità in zone umide come ad esempio le ascelle. I microrganismi anaerobi invece raggiungono la concentrazione tra 10.000 e 1.000.000 per centimetro quadrato nelle aree ricche di sebo.

Ogni giorno dalla nostra cute si staccano circa 1.000.000 di squame cutanee che trasportano con sé il microbiota umano presente sulla cute e si depositano nelle superficie intorno al paziente.

I paziente con infezione trasferisce i microrganismi all’ambiente inanimato attraverso le manifestazioni sintomatiche della malattia come ad esempio la tosse produttiva o gli starnuti nelle infezioni delle vie respiratorie oppure il vomito o la diarrea nelle infezioni gastrointestinali: ecco perché i fluidi corporei che vengono eliminati con le manifestazione sintomatiche rappresentano una via per l’eliminazione dei microrganismi.

Le mani degli operatori rappresentano un veicolo di trasmissione de microrganismi soprattutto quando l’adesione all’igiene delle mani è scarsa (< 50 %).

La presenza di una quantità eccessiva di materiale nel punto di assistenza (es. cibo, effetti personali, materiale per la gestione dei dispositivi) può ostacolare i processi di pulizia e sanificazione, e aumentare il rischio di contaminazione da parte delle mani degli operatori, per la necessità di ricercare in un ambiente non organizzato ciò che necessita al paziente o all’operatore stesso.

Una strategia di prevenzione della diffusione dei microrganismi nell’unità paziente non solo deve pianificare le attività, ma individuare un proprio standard sul quale definire un sistema di valutazione e di controllo.

Tre sono i processi chiave sui quali intervenire:

  1. L’aderenza del personale a cinque momenti dell’igiene delle mani;
  2. La definizione di istruzione operativa per il mantenimento, il riordino e la sanificazione delle superfici e dei dispositivi presenti nell’unità paziente;
  3. La definizione di Istruzioni operative per la gestione e il ricondizionamento dei dispositivi che transitano all’interno dell’unità paziente;
  4. L’igiene del paziente.

Occorre anche ripensare a questi tre processi in chiave di responsabilità. Nel 1860 Florence Nightingale scriveva su Notes on Nursing che: la maggior parte dell'assistenza infermieristica consiste nel preservare la pulizia.

Oggi il senso di questa frase appare agli infermieri distante rispetto alle competenze e all’autonomia professionali acquisite, e ancor più se viene messa in relazione agli attuali modelli organizzativi sanitari e assistenziali. Eppure questa frase appare sempre di più attuale se letta in relazione all’aumento complessivo del rischio infettivo che corrono i pazienti ricoverati. L’infermiere attraverso le competenze e l’autonomia riconosciuta nel suo profilo può intraprendere quelle attività che sono necessarie per intervenire nei tre processi chiave. L’infermiere è infatti secondo il suo profilo (D.M. 14 settembre 1994, n. 739) [..] l'operatore sanitario[..]responsabile dell'assistenza infermieristica. L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l'assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria. L'infermiere

  1. Identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona [..] e formula i relativi obiettivi
  2. Pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico
  3. Garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche
  4. Agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali
  5. Per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto.

L’infermiere è oggi il professionista che conosce, personalizza e assicura il processo clinico assistenziale, attraverso le diagnosi infermieristiche e i problemi collaborativi, compone e attua il piano standard di intervento di nursing personalizzandolo, prescrive le attività che possono essere attribuite alle figure di supporto all’assistenza attraverso le cinque fasi del processo assistenziale ovvero:

  1. Accertamento: raccoglie le informazioni sulle condizioni del paziente
  2. Diagnosi infermieristica: identifica i problemi del paziente e le cause correlate
  3. Pianificazione: identifica i risultati attesi e gli interventi appropriati
  4. Attuazione degli interventi assistenziali
  5. Valutazione: determinare in che misura i risultati sono raggiunti.

Possiamo pensare di applicare il processo assistenziale per dar risposte a tre processi chiave al fine di ridurre la contaminazione dei microrganismi nell’unità paziente?

Lo possiamo fare se strutturiamo un piano standard. Ecco un possibile esempio:

  1. Accertare: le capacità residue funzionali e cognitive e il grado di autonomia attraverso l’Indice di Barthel
  2. Pianificare la Diagnosi Infermieristica: sindrome da deficit nella cura di sé correlato a esempio a deficit cognitivi e debolezza muscolare
  3. Formulare il risultato atteso e cioè la persona avrà un’adeguata igiene del corpo quotidiana, presenterà un aspetto pulito e gradevole, una adeguata igiene dopo ogni eliminazione attraverso l’aiuto degli operatori e l’unità paziente sarà ordinata e pulita come da procedura interna
  4. Pianificare gli interventi, alcuni esempi:
    • Aiutare a eseguire igiene mani prima e dopo ogni pasto
    • Eseguire igiene cavo orale
    • Aiutare a eseguire igiene intima e igiene a letto
    • Ispezionare la cute e aiutare a cambiare posizione nel letto
    • Curare il meato urinario per presenza di catetere vescicale.

Inoltre solo con un metodo strutturato di trasmissione delle informazioni clinico-assistenziali tra operatori e tra turni si possono raggiungere gli obiettivi, infatti la presa in carico del paziente è un’attività analitica di tipo “verticale” che non si esprime attraverso un insieme di interventi che nascono e finiscono con il singolo turno, ma è un ciclo continuo fino al risultato desiderato.

Gli Infermieri rappresentano la componente professionale più numerosa in ospedale, devono essere più consapevoli del fatto che influenzano gli esiti delle cure attraverso l’organizzazione dell’assistenza e il mantenimento dell’ambiente di cura.