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a cura di Agenzia regionale di sanità Toscana
Sepsi

Sepsis stewardship, antibiotic stewardship e percorso microbiologico: tre nuove organizzazioni integrate per affrontare la sfida

Un problema sempre più importante di salute pubblica

Sepsi · 1 giugno, 2017
Redazione

 

Le infezioni e la sindrome settica a esse correlata rappresentano, a livello mondiale, un problema sempre più importante di salute pubblica.

In Italia, nonostante le continue implementazioni terapeutiche e diagnostiche nell'affrontare il problema sepsi, il tasso di mortalità per shock settico si attesta sempre intorno al 50% (dati GiViTi). Di queste infezioni circa i due terzi sono causate da germi Gram-negativi multi-resistenti (MDR) e questo è indipendentemente associato a un tasso di mortalità più elevato rispetto a quelle determinate da ceppi multi sensibili, a una degenza ospedaliera più lunga, ed a una spesa sanitaria globale superiore1.
È ormai assodato, da evidenze presenti in letteratura, che nel paziente settico, o meglio in shock settico, un ritardo, valutato in poche ore dall'esordio della sintomatologia, nella somministrazione di una terapia antimicrobica appropriata è correlato a un aumento della mortalità2,3.
Tradizionalmente, la diagnostica delle infezioni batteriche e fungine si è basata sull'esame colturale dei materiali prelevati dalla sede di infezione, con tempi di risposta relativamente lunghi (48-72 ore, ma talvolta anche più lunghi) legati ai tempi di crescita e identificazione dei principali microrganismi patogeni. Un arco temporale così lungo non permette evidentemente al clinico di attendere il risultato di tali esami prima dell'inizio della terapia antibiotica/antifungina, soprattutto, nel caso di un paziente settico critico, ed è per questo che di solito viene impostata una terapia empirica, che dovrebbe essere la più ragionata possibile, da modificarsi o meno al recupero delle informazioni diagnostiche.
Normalmente, almeno fino a questo momento, nella maggior parte dei casi l'impatto complessivo sulla stewardship antimicrobica dell'informazione che giunge dal laboratorio diagnostico resta relativamente modesto. Infatti, la risposta clinica alla terapia viene normalmente rivalutata dopo 48-72 ore e, in caso di risposta favorevole, spesso prevale un atteggiamento conservativo nei confronti della scelta iniziale, e un successivo risultato microbiologico non porta a modificare quella scelta, anche se si tratta di farmaci a spettro molto ampio, in pratica non si modifica la scelta iniziale.
D'altra parte, una mancata risposta clinica entro le 48-72 ore porta a modificare la terapia anche in assenza del dato microbiologico che in questi casi spesso non è ancora disponibile o lo è solo in forma parziale. Quindi è sicuramente di grande interesse per un clinico poter acquisire in tempi estremamente rapidi tutte le informazioni derivanti dalle più recenti tecniche di diagnostica microbiologica rapida introdotte nella pratica clinica, sia per l'identificazione del patogeno (es. spettrometria di massa MALDI: TOF) sia per il profilo di sensibilità/resistenza ai farmaci (es. test molecolari e test fenotipici rapidi).
Utilizzando tale approccio e, soprattutto, le informazioni aggiuntive derivanti da esso, le infezioni possono oggi essere affrontate dal clinico in modo totalmente rivoluzionario. In diagnostica rapida, infatti, l'informazione ottenuta, sia con tecnica molecolare che fenotipica, è fruibile dal clinico in tempi molto rapidi, superando così uno dei problemi principali della Microbiologia tradizionale costituito, appunto, dal fattore tempo che influenza in maniera significativa l'outcome del paziente, specialmente se critico. La doppia informazione ottenuta dai due percorsi molecolare e fenotipico secondo una filosofia definita di dual approaches è utile al clinico perché tale dato non è sostituibile reciprocamente ma è complementare. Con il test molecolare si presume rapidamente un fenotipo di resistenza sulla base della rilevazione di un determinante genetico di resistenza ricercato, dato questo che va però contestualizzato alla clinica perché la presenza di un gene di resistenza non necessariamente è correlata con la sua espressione e quindi con un fenotipo di resistenza, e inoltre non necessariamente correla con la sensibilità a un farmaco che non è interessato da quel meccanismo di resistenza se non si possono escludere altri meccanismi di resistenza a quel farmaco. Con il test fenotipico, invece, si saggia un antibiotico direttamente con batteri in crescita, determinandone la sensibilità, in termini di categoria di sensibilità o valore di MIC. Così facendo si arriva rapidamente a una terapia semi-targeted personalizzata (con un up/downgrading terapeutico).
La Biologia molecolare per quanto detto sopra, al momento, non può, sostituire il percorso tradizionale. Attualmente, tra le metodiche di diagnostica rapida in nostro possesso, l'unica che potrebbe sostituire, nella maggior parte dei casi, colture e antibiogramma convenzionale è la time-lapse microscopy (sistema AccelerateTM). Tale tecnologia innovativa è basata sull'osservazione microscopica delle singole cellule batteriche presenti nel campione, preventivamente separate e immobilizzate in una matrice. L'osservazione microscopica consente di individuare la presenza di cellule batteriche e, in associazione con metodiche di ibridazione in situ con sonde marcate, è possibile identificare i batteri presenti a livello di specie ed effettuare anche una valutazione quantitativa della carica microbica nell'arco di 1-2 ore. L'osservazione ripetuta nel tempo delle singole cellule batteriche esposte a concentrazioni definite dei vari antibiotici consente inoltre, in base alle variazioni morfologiche osservate, di dedurre le MIC dei vari antibiotici in un tempo di circa 6 ore. Questa tecnologia, attualmente validata per l'analisi di emocolture positive, consente di avere l'identificazione batterica in 1-2 ore (le sonde per l'identificazione coprono le principali specie batteriche responsabili di batteriemia) e l'antibiogramma in circa 6 ore dal momento in cui si positivizza l'emocoltura, e funziona anche con campioni poli-microbici, con grande vantaggio clinico. I principali limiti di questa nuova tecnologia rispetto alle metodiche convenzionali (comuni a molti sistemi basati sulla Biologia molecolare) sono rappresentati dal fatto di poter identificare un numero limitato di specie batteriche, dal fatto che non saggia ancora tutti gli antibiotici disponibili, e dal costo relativamente elevato (20-30 volte superiore rispetto a quello della diagnostica microbiologica convenzionale).
L'introduzione all'interno di un flusso di lavoro routinario di tali sistemi diagnostici, tuttavia, è al momento costosa e rappresenta pertanto un "lusso riservato solo a pochi". È il clinico che deve, pertanto, stratificare e identificare dettagliatamente quei pazienti da avviare al percorso rapido sulla base di un bioscore includente parametri microbiologici, clinici e bioumorali (PCT, ProADM) capace di identificare pazienti ad alto/medio e basso rischio di avere un'infezione grave da patogeni MDR che mette a rischio la vita del paziente; solo i pazienti ad alto rischio necessitano di un percorso rapido microbiologico dedicato. I pazienti a medio e basso rischio non vengono abbandonati ma vengono continuamente rivalutati con l'intento di individuare prontamente segni clinici o bioumorali di peggioramento tali da rendere necessaria una nuova valutazione del rischio e/o un passaggio rapido al percorso descritto sopra per la categoria identificata fin dall'inizio come ad alto rischio. Tali tecnologie innovative di diagnostica rapida, inoltre, richiedono competenze tecniche specialistiche peculiari da parte degli operatori, non sempre disponibili in tutti i laboratori, e percorsi formativi dedicati. La loro introduzione deve quindi essere effettuata seguendo i principi generali della health technology assessment, in modo da garantirne l'appropriatezza d'uso e sfruttarne al massimo i vantaggi. Altro aspetto da considerare quando si introducono queste nuove tecnologie diagnostiche è il tipo di informazione che viene restituito, che è del tutto diverso da quello della diagnostica convenzionale e richiede un'interpretazione specifica alla quale il clinico spesso non è preparato. Fondamentale è il rapporto stretto e continuativo durante tutto il processo tra microbiologo e clinico.
Da ultimo con l'introduzione, attuale e futura, sul mercato delle nuove molecole antibiotiche, prevalentemente di associazione con vecchi o nuovi inibitori delle beta-lattamasi è assolutamente necessario per la loro salvaguardia e, soprattutto, per il loro appropriato utilizzo poter disporre di un test molecolare che confermi o meno l'assenza di uno specifico determinante di resistenza in presenza del quale il farmaco perde tutta la sua efficacia (companion test strategy).

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Bibliografia

    1. Zilberberg et al. Critical Care, 2016; 20:221.
    2. Kumar et al. Crit Care Med, 2006; 34:1589-96.
    3. Ferrer et al. Crit Care Med, 2014; 42:1749-5.
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